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L'Anno di Giovanni Paolo II, la famiglia e i poveri nel cuore del vescovo di Roma

 I discorsi agli amministratori locali di Roma e del Lazio




Uno degli appuntamenti di inizio anno che Giovanni Paolo II non ha mai mancato è quello con le autorità locali di Roma e del Lazio. L’udienza per gli “auguri di inizio anno “ era una occasione per il Pontefice di mettere a fuoco le problematiche della città e di farlo in pubblico. I discorsi non erano politici, ma erano sociali. 

Già a gennaio del 1979, il primo anno di pontificato, Giovanni Paolo II volle mettere in chiaro che Roma è una città che vive nel pluralismo. E “Il pluralismo comporta anzitutto il rispetto degli altri e la rinuncia a volere imporsi agli altri con la forza. Perché tanta violenza oggi? Occorre forse risalire a monte, a quelle concezioni, a quei gruppi che hanno proclamato e inculcato, e continuano a proclamare e inculcare specie nelle coscienze dei giovani, come ideale di vita, la lotta contro l’altro; l’odio contro chi la pensi o agisca diversamente, la violenza come unico mezzo per il progresso sociale e politico. Ma la violenza genera violenza; l’odio genera odio; e l’uno e l’altra umiliano e avviliscono la persona umana. I cristiani non possono dimenticare quanto ci ricorda il Concilio Vaticano II: “Non possiamo invocare Dio Padre di tutti se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni fra gli uomini che sono creati a immagine di Dio. L’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli uomini fratelli sono tanto connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1Gv 4,8)” (Nostra Aetate, 5).”

Negli anni i temi diventano sempre più specifici. Cosi edilizia e famiglia ad esempio sono il tema del discosto ai rappresentanti del Comune di Roma nel 1980: “Il problema edilizio si risolve, forse, solo costruendo gli alloggi, o dietro di esso, anzi prima di esso, non c’è piuttosto una legittima “domanda umana”, ossia una situazione di reale bisogno, che sollecita ad intervenire con urgenza? La crisi edilizia non implica, forse, o non s’intreccia con certe situazioni di precarietà e di instabilità familiare?”

Wojtyła sa di essere nuovo alle dinamiche della città di Roma. Con molta umiltà prosegue le visite alle parrocchie che aveva iniziato Paolo VI. E ne fa tante e con una scopo preciso: “Le stesse visite, che vado facendo, di settimana in settimana nelle varie parrocchie, come obbediscono all’intenzione primaria di impegnarmi in prima persona per una rinnovata e capillare attività evangelizzatrice, così tendono a conoscere da vicino persone ed organizzazioni, forze e possibilità, ma soprattutto le attese ed i problemi, così come si presentano in concreto nelle singole zone urbane e periferiche. Per me, venuto di lontano, la condizione preliminare per tale collaborazione è la conoscenza, per quanto possibile, diretta e completa della realtà cittadina, affinché mi sia così consentito di offrire ad essa quel contributo specifico che corrisponde al mio ufficio pastorale. Se la soluzione dei numerosi problemi è ardua e richiede l’impegno di tutti, non si può certo pensare - sarebbe un’illusione - ad un’opera prevalentemente personale, come se questa potesse avere una virtù miracolistica. È nella natura della collaborazione basarsi sulla disponibilità, sulla fiducia, sulla lealtà, sulla buona volontà: tutte doti morali, queste, che confermano come, accostandoci a quei problemi, non dovrà mai mancare un “supplemento d’anima”, cioè una carica umana ed una sollecita sensibilità di fronte ai bisogni e ai diritti di coloro, ai quali e indirizzato il nostro servizio”.

Altro tema che sta a cuore a Giovanni Paolo II per la città di cui era vescovo è la solidarietà: “Questa, illustri signori, è la norma di fondo, a cui deve ispirarsi ogni amministratore della cosa pubblica: favorire tra i cittadini una solidarietà che sia davvero sollecitudine per la totalità dei componenti la comunità urbana nella totalità delle loro esigenze autenticamente umane. È proprio di questa solidarietà che ha bisogno Roma per affrontare i suoi problemi antichi e nuovi, per dare risposte forti e valide a quella crisi di identità che rischia di pregiudicarne la nobilissima missione e di sfigurarne il volto.

Se la città è fatta per l’uomo, nulla può essere trascurato o rinviato di quanto può contribuire a dare ad essa un volto a misura d’uomo. Roma, poi, che per la sua storia civile e religiosa vanta un patrimonio di valori unico al mondo, deve impegnarsi per offrire agli abitanti e ai visitatori spazi di arricchimento spirituale e stimoli per l’elevazione sul piano etico e autenticamente umano”. Il discorso è del 1990. 

La attenzione alle nuove povertà, alle necessità degli “ultimi” ritornano in ogni discorso come la attenzione alla famiglia e agli immigrati. 

Nell’anno del Giubileo il Papa chiede espressamente una attenzione speciale alla famiglia: “Mi sono note le molteplici difficoltà, in parte riconducibili a cause di ordine spirituale e culturale, che, anche a Roma e nel Lazio, insidiano l'istituto familiare. Esse dipendono sovente anche da concrete situazioni sociali ed economiche, che ne costituiscono il contesto umano. Proprio per tutelare la famiglia, cellula fondamentale della società, chiedo ai Responsabili di evitare ogni iniziativa che possa favorire o avallare l'equiparazione tra la famiglia ed altre forme di convivenza. Domando loro, altresì, di operare con concordia e determinazione per rimuovere quegli ostacoli, quali la carenza di alloggi a prezzi accessibili o l'insufficienza di strutture di accoglienza per i bambini più piccoli, che rendono difficile, e talora quasi impossibile, il formarsi di nuovi nuclei familiari e il loro aprirsi al dono della vita”.

La attenzione agli ultimi è presente fino agli ultimi anni di pontificato. Nel gennaio del 2002 il Papa dice: “Che si tratti di persone senza fissa dimora, di anziani soli, di bambini e famiglie in pesanti ristrettezze, di giovani in situazioni di disagio, di immigrati, di disoccupati, di carcerati, di ammalati terminali o di altre categorie in difficoltà, mai la loro esistenza va considerata inutile. Occorre trasformare i problemi, i tanti problemi della società, in risorse per il bene di tutti grazie allo sforzo di ciascuno”.

Proprio in quell'anno, il 31 ottobre iI Sindaco Walter Veltroni regala le chiavi della Città Eterna e conferisce la cittadinanza onoraria di Roma a Giovanni Paolo II che risponde, come San Paolo, “Civis Romanus sum!”

Nel 2005 ormai a pochi mesi della morte, Giovanni Paolo II ringrazia la Regione per il nuovo statuto ( approvato nel 2004) che “riconosce esplicitamente il primato della persona e il valore fondamentale della vita. Riconosce, inoltre, i diritti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio e si propone di sostenerla nell’adempimento della sua funzione sociale, facendo esplicita menzione dell’Osservatorio regionale permanente sulle famiglie”.

Angela AMBROGETTI

FONTE: ACI STAMPA


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