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Rinascere come la fenice

Cosa ci ha insegnato la tragedia che ha colpito l'Abruzzo


Non ci sono più macerie, ma case di legno, cuori di carne, occhi aperti: dove si leggono storie di voragini di dolore di quel fatidico 6 Aprile. Cicatrizzate, ma non chiuse solo dalla luce della fede.

Onna: epicentro del terremoto, ma anche del mio cuore, dove provvidenzialmente il Signore mi ha mandato in quei mesi indimenticabili della tendopoli. Gente semplice, frazione in mezzo a piccoli fiumi, con il panorama romantico della Bella Addormentata che ogni tanto si sveglia sia per il terremoto che per qualche tragedia come quella del Rigopiano. Persone tenaci e “dure” come il Gran Sasso; forse proprio questo è il segreto della resistenza al dolore e alle fatiche della mia terra d'Abruzzo.

Il grande manager Sergio Marchionne, scomparso prematuramente diceva: "Tenacia; senso del lavoro; l'orgoglio di fare le cose e farle bene"..."Non ho mai visto un abruzzese arrendersi. Non l’ho mai visto aspettare che arrivasse un salvatore da chissà dove a regalargli un domani migliore. Gli abruzzesi cadono e si rialzano da soli, non perdono tempo a lamentarsi, ma fanno, producono, ricostruiscono. Credo che questo sia l’atteggiamento di cui ha bisogno l’Italia oggi"....

La solidarietà e la generosità - ricordava Marchionne - sono tratti peculiari degli abruzzesi. E portava un esempio eloquente: "Queste qualità hanno permesso agli abruzzesi di trasformare una regione, che era tra le più povere dell’Italia del Dopoguerra, in una delle più fiorenti del Paese". Mi vengono in mente anche le parole del grande scrittore Ignazio Silone: “II destino degli uomini nella regione che da circa otto secoli viene chiamata Abruzzo è stato deciso principalmente dalle montagne (…) il fattore costante della loro esistenza è appunto il più primitivo e stabile degli elementi, la natura (…) Le montagne sono dunque i personaggi più prepotenti della vita abruzzese, e la loro particolare conformazione spiega anche il paradosso maggiore della regione, che consiste in questo: l’Abruzzo, situato nell’Italia centrale, appartiene in realtà all’Italia meridionale (…) E questo perché la storia, che quel carattere ha formato, è stata spesso assai dura, oscura e penosa, in un ambiente naturale quanto mai aspro, tra i più tormentati dal clima, dalle alluvioni, dai terremoti. Il carattere peculiare dell’uomo abruzzese non tralignato è dunque un’estrema resistenza al dolore, alla delusione, alla disgrazia; una grande e timorosa fedeltà; una umile accettazione della “croce” come elemento indissociabile della condizione umana”.

Il Gran Sasso ci dà la forza, la Majella la gentilezza ed il mare Adriatico l'apertura e l'accoglienzaverso tutti. Siamo un po' orsi, ma abbiamo anche la grinta del lupo e la bontà del pastore abruzzese. Tu, Signore, non dormivi quel 6 aprile, la gente si è svegliata improvvisamente dal sonno, non ti chiedo perché. Anzi, caro Dio, ti dovrei chiedere tane cose sulla vita degli altri, sulla mia vita, sulla sofferenza, sul male, sulla morte... ma forse un giorno tutti questi “perché” li chiariremo “a faccia a faccia”, quando sarò da Te nel mondo della Luce e della Verità tutta intera.

Che cosa ha detto alla mia vita il terremoto? "Svegliati! Ogni momento che vivi è un dono, una grazia, un presente che non si ripete, un'attimo di eternità sulla terra. Ogni persona che incontri è un regalo, quindi non scartarla, donagli fiducia, conforto e misericordia insieme al perdono di Dio e la gioia di vivere. Ogni persona che incontri lascia parte di sé e tu anche gli dai parte di te". Gli incontri ci cambiano la vita, soprattutto quelli con i poveri, gli ultimi, i diseredati dalla storia, gli abbandonati della vita. Tutto questo ci cambia la visuale di vedere il mondo, gli altri e la realtà. L'Aquila ritorna a volare, perché solo se metterai queste ali, potrai avvicinarti al sole e dare forza a tutti i deboli che incontri nel cielo della vita, perché “quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”(Is 40,31).

La morte, per noi cristiani, è la nascita al Cielo, è l'inizio del grande respiro eterno, ed è per noi che restiamo sulla terra una “maestra della filosofia della vita(Paolo VI)” ed è una meditazione intensa su come dobbiamo vivere e come viviamo. Non c'è più tempo per odiare, ma solo per amare. Signore, facci rinascere come la fenice che dalle ceneri. Grazie Signore per il dono del Tuo Amore e della Tua Consolazione, grazie Signore che mi hai donato tante persone che mi vogliono bene. Signore, non ti chiedo di essere Luce, ma solo una traccia di Luce, che non lasci me stesso, ma Te che hai messo in me dall'eternità.

FRA EMILIANO ANTENUCCI

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