La
Puglia è sotto assedio. Non solo il mare in cui si tuffa Polignano.
È in atto una preoccupante strategia economica di tipo neocoloniale. Vampiresca. Consiste nel succhiare petrolio dai fondali marini prospicienti la Puglia, dalle Tremiti allo Jonio.
È in atto una preoccupante strategia economica di tipo neocoloniale. Vampiresca. Consiste nel succhiare petrolio dai fondali marini prospicienti la Puglia, dalle Tremiti allo Jonio.
L'abbraccio
mortale
A
succhiare sono le multinazionali straniere. Alla Regione Puglia e alle comunità
locali, che si oppongono, un pugno di dollari.
Prima
di succhiarlo, però, il petrolio bisogna cercarlo. E il metodo non è indolore.
Occorre “bombare” i fondali e tutte le forme di vita che questi ospitano, con
raffiche di air gun, cannoni ad aria
compressa che sparano energia sismica e producono devastanti impulsi acustici.
Sono necessari per rilevare la struttura e la consistenza dei canali di
idrocarburi che attraversano il fondo marino. Evidenziano gli accumuli di
carbonati di età Mesozoica che falde argillose di scorrimento, barriere
coralline e sequenze saline hanno sigillato centinaia di milioni di anni fa.
In
un secondo momento è necessario affondare le trivelle nelle “giugulari” del
letto marino: più canali di idrocarburi risulteranno stappati, più piattaforme off-shore verranno sistemate in mare, e
più brindisi faranno i magnati del petrolio! In Puglia festeggeranno non poco,
visto che il 70% delle richieste di ricerca finora presentate all’autorità
governativa, riguardano proprio i fondali al largo delle nostre coste. Un
abbraccio mortale da cui bisognerà sottrarsi.
Una
“guerra sporca”
Diciamolo
chiaro e tondo: è in atto una “guerra sporca”, come quella del Golfo. Non meno
violenta e anacronistica.
È
“sporca” perché sotterranea, nascosta, non visibile ai più. Occulta,
affaristica.
È
“sporca” perché, per attingere il petrolio, bisogna prima colpire senza
scrupolo la roccia madre che lo intrappola, e con essa la flora e la fauna
acquatica, le uova e gli embrioni ittici; il capodoglio e il grampo,
disorientati, tenderanno a emergere con rapidità. Forse spiaggeranno e
moriranno per embolia, come accaduto sulle coste abruzzesi in circostanze
analoghe. Uno scempio inenarrabile!
È
“sporca” perché l’esperienza attesta che, nonostante l’applicazione di
tecnologie avanzate in fase estrattiva, la dispersione di petrolio in mare è
frequente e consistente. Parte dell’“oro nero” trivellato, fuoriesce e si
sedimenta sui fondali, deturpandoli. Un po’ alla volta aggredisce le coste,
sporcandole. Per non dire degli incidenti rilevanti, sempre possibili:
procurano danni ambientali immani, come quello verificatosi il 20 aprile 2010
nel Golfo del Messico. La piattaforma Deepwater Horizon è andata in fiamme,
molte le torce umane, milioni di barili di petrolio versati in mare. E se
accadesse da noi? In un battito di ciglia, perderemmo quanto il creatore ha
predisposto, e gli uomini hanno saputo custodire e incrementare.
È
“sporca”, infine, perché poggia su una legge ingiusta, il decreto Sblocca Italia, che espropria le
popolazioni regionali della facoltà di autodeterminarsi in materia ambientale,
soffocando vocazioni territoriali e strategie di sviluppo autoctone.
Sul
piano politico-amministrativo, il nodo è di civiltà giuridica. Ecco che contro
le licenze di ricerca e di estrazione firmate dal Ministero dello sviluppo bisognerà resistere con i ricorsi al Tar;
continuare a sollevare la questione di legittimità costituzionale relativa al
risucchio antidemocratico di competenze dalle autonomie locali al governo
centrale; e concertare una direttiva comunitaria sul divieto delle pratiche di
sfruttamento intensivo del mare.
Dal
nucleare al petrolio: se non è zuppa è pan bagnato
Le
fonti energetiche rinnovabili, eoliche e fotovoltaiche, di cui la Puglia
dispone, la rendono finalmente autosufficiente. Hanno contribuito a fugare
l’insidia dei rigassificatori e del nucleare. Non è un mistero che il governo
Berlusconi desiderava insediare in Puglia una centrale nucleare ad Avetrana, e
collocare il deposito nazionale finale di scorie radioattive al confine con la
Basilicata. Lo avrebbe fatto, se il popolo sovrano non si fosse espresso in
senso contrario con un referendum. L’operazione avrebbe significato volontà di
deturpare la bellezza della Puglia votando la regione alla marginalità;
deprezzare i doni naturalistici e paesaggistici di cui è dotata, compromettere
la filiera produttiva che, partendo dalla terra e dal mare, e passando per la
gastronomia e il turismo, la rendono, oggi, meta ricercata e le conferiscono
ricchezza. Il governo Monti con il decreto Sviluppo
Italia, e il governo Renzi con lo Sblocca
Italia, ci stanno riprovando: con il petrolio, benché sia sostanza
altamente inquinante, il cui prezzo è in calo alla borsa valori delle fonti
energetiche. Ma è pur sempre un affare per le multinazionali, che sembrano
essersi divise le aree d’influenza prima di abbarbicarsi definitivamente alle
coste pugliesi: a nord la Petroceltic Elsa; al centro la Northern Petroleum e
la Transunion Petroleum; a sud e nello Jonio la Global Med e la Schlumberger.
Ciascuna società fattura miliardi di dollari l’anno: potentati che non si
fermano di fronte a nessun ostacolo.
Come
andrà a finire?
La
Puglia terrona, “scarpe grosse e cervello fino”, per il momento dimostra di non
stare a guardare, di non stare al gioco. Non svende l’identità e il proprio
futuro per un pugno di dollari. Anche perché le royalties, cioè i “diritti”…
sul creato che i petrolieri sono disposti a corrispondere, non competerebbero
alla Puglia ma all’Autore del creato stesso, che certamente non accetta. La
vita non ha prezzo. La bellezza non ha prezzo.
D’altro
canto, Papa Francesco è chiaro nella recente enciclica Laudato si’: «Quando le persone diventano autoreferenziali e si
isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità» (paragrafo 204). «Quando
non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che
ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e di abuso senza scrupoli» (paragrafo
215).
Uso
e abuso senza scrupoli del creato. È proprio ciò che va evitato, insieme. Al
largo di Polignano come di Otranto e di Leuca. Dovunque vi siano persone di
buona volontà disposte a difendere la bellezza anche con i denti. Se occorre.
A.S.D. Associazione "Giovanni Paolo II
Commenti
Posta un commento