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In mezzo a tante parole di guerra, il grido della preghiera

 Prendere parte alla guerra significa rischiare la vita. Nessuno lo sceglie se non è costretto a farlo. Fare il tifo per l’una o l’altra parte in guerra, stando comodamente seduti, è semplicemente ridicolo. La guerra è sempre una follia e deve essere sempre rigettata da tutti come la più plateale sconfitta della ragione, quali che siano le ragioni che ciascuno invoca a suo favore. È questa l’unica parola che vorrei ascoltare, la condanna unanime che dovrebbe unire tutti gli uomini di buona volontà. E invece… sento parole che minimizzano o addirittura nascondono le atrocità di una parte per condannare la violenza perpetrata dall’altra parte. Cercare giustificazioni significa approvare la guerra come mezzo per risolvere i conflitti. Chi ha cominciato ha una più grave responsabilità dinanzi alla coscienza dell’umanità ma rispondere con la stessa violenza significa validare la guerra come una necessità di cui non possiamo fare a meno. 


Siamo agli antipodi di quella prospettiva che anima il diritto internazionale: la ricerca della collaborazione tra i popoli come via della pace lascia il posto all’uso della guerra per imporre la pace ma… nessuna guerra può dare la pace, al massimo costringe i popoli belligeranti ad una tregua armata, in attesa di riprendere il conflitto. Le case distrutte si ricostruiscono ma le ferite del cuore alimentano rabbia e generano altri e più devastanti scontri. È lo scenario che ormai da decenni insanguina quella porzione di terra. La guerra non risolve ma incancrenisce i problemi.

In mezzo a tante parole, che alimentano e giustificano la guerra, s’eleva limpida la voce del Papa (27 ottobre 2023). Non è una parola che si aggiunge alle altre ma una preghiera che sale al Cielo. Non offre analisi politiche ma ricorda a tutti che ci troviamo a vivere un’ora buia a drammatica. Non prende parte a favore di uno contro l’altro ma si mette dalla parte di chi soffre, non importa a quale popolo appartenga. Non cerca una diplomatica equidistanza tra i popoli in lotta ma invita tutti a guardare con preoccupazione un’umanità che “ha smarrito la via della pace, ha preferito Caino ad Abele”. Il Papa non parla agli uomini né rivolge un appello ai governanti ma chiede a Maria, Regina della pace, di intervenire: “Madre, da soli non ce la facciamo, senza il tuo Figlio non possiamo fare nulla. Ma tu ci riporti a Gesù, che è la nostra pace”.

So bene che la preghiera non basta, è solo la premessa per un cammino di riconciliazione che deve essere perseguito con tenacia e audacia. La pace non si trova se ciascuno difende a denti stretti le proprie ragioni e rimane sordo a quelle dell’altro. La guerra, diceva il cardinale Zuppi alcuni mesi fa a Pompei, “ha sempre un’incubazione: cresce con la rassegnazione di fronte ai problemi, con il cinismo di rimandarli e fare finta, con i terribili interessi economici che spingono gli uomini a costruire lance invece di falci, a distruggere i granai e costruire follemente nuovi arsenali e nuovi ordigni” (8 maggio 2023). Si riferiva alla drammatica situazione dell’Ucraina ma quelle parole possono essere applicate anche al conflitto che da decenni oppone ebrei e palestinesi.

Per cercare con ostinazione le vie della pace dobbiamo prendere sul serio le lacrime degli innocenti, di tutti coloro – e cioè la stragrande maggioranza della popolazione civile – che subiscono la guerra. “Asciuga le lacrime dei bambini”, ha detto il Papa. Una preghiera che diventa una provocazione per noi. Le lacrime non hanno nazionalità, sono l’espressione di un’umanità ferita e bisognosa. Se oggi siamo costretti a stare ai piedi della croce, dobbiamo farlo con lo sguardo della Vergine Maria che attende con invincibile speranza la luce della Pasqua.

La preghiera non è una camomilla e non ci fa stare tranquilli, confidiamo in Dio ma, al tempo stesso, sospinti dalla carità di Dio, ci impegniamo a fare la nostra parte. Facciamo nostra la preghiera del Papa che chiede alla Madonna di donare alla Chiesa il coraggio di intervenire:

“Tu, che di tutti hai compassione, insegnaci a prenderci cura degli altri. Tu, che riveli la tenerezza del Signore, rendici testimoni della sua consolazione. Madre, Tu, Regina della pace, riversa nei cuori l’armonia di Dio”.

Se desideriamo la pace impegniamoci a custodire e a seminare speranza, evitiamo parole e gesti che possono accrescere la contrapposizione, prepariamo le opere della condivisione più concreta. Piccole cose che sembrano non incidere sul corso degli eventi ma capaci di illuminare i passi in quest’ora buia della storia.


SILVIO LONGOBARDI

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