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Per onorare Giovanni Paolo II bisogna solo difendere la vita

 L’ 80 esimo anniversario dell’arresto della Dottoressa Wanda Półtawska


Una serata tranquilla, anche se c’era la guerra, del 17 febbraio 1941 nell'appartamento della Famiglia Wojtasik a Lublino in Polonia fu interrotta da una forte voce maschile nell’ingresso: chi di voi si chiama Wanda?

"È così, che tutto è iniziato", ricorda Wanda Półtawska nel suo diario "E ho paura dei sogni". "Mi alzai, me ne andai ... e tornai dopo quattro anni di campo di concentramento e sei mesi di prigione."

Nel settembre 1939, nello stesso mese in cui scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, da ragazza scout, Wanda Półtawska (allora ancora Wojtasik) giurò di essere pronta a dare la sua vita per la Polonia, la sua amata Patria, ma anche per mantenere il segreto di clandestinità. E per questo giuramento, come corriere della sua Organizzazione, "ha fatto quello che credeva di dover fare", come disse sua madre Anna, contrastando la ostilità di suo marito Adam, al quale non piacevano molto le attività cospirative di sua figlia. Wanda ha viaggiato nella regione di Lublino, fornendo informazioni clandestine, ha fatto quello che poteva, affinché la Polonia potesse essere di nuovo libera.

Più volte ha provvidenzialmente evitato l’arresto. Una volta a Krasnystaw, quando come corriere con un rapporto che doveva lasciare in un certo negozio. Il suo fiuto di "cospiratrice” le fece notare che diverse persone erano entrate nel "suo" negozio, ma nessuno ne era uscito. Si rese conto che era una trappola tedesca e tornò a Lublino. Un'altra volta, nella sala d'attesa della stazione ferroviaria di Włodawa, mentre tornava a Lublino con i soldi destinati alla sua organizzazione, è stata salvata da ... un ufficiale tedesco che sonnecchiava ubriaco su un tavolo. Wanda fingeva di essere la sua fidanzata, e ha infilato la borsa in cui erano nascosti i soldi sotto il tavolo. La pattuglia tedesca che effettuava un minuzioso controllo guardò solo con pietà la "povera fidanzata" e proseguì.

Tuttavia, nel febbraio 1941, le cose non andarono più così bene. Vennero arrestati alcuni suoi colleghi, uno dei quali aveva fatto il suo nome.

Dopo essere stata arrestata dalla Gestapo, è stata prima imprigionata nel centro di detenzione “Pod Zegarem” (Sotto l’Orologio) a Lublino e poi in una prigione al castello di Lublino. Era nata il 2 novembre 1921, e quindi Wanda aveva solo 20 anni.

Gli interrogatori "Pod Zegarem", spesso di diverse ore, furono particolarmente brutali. Oggi è noto che almeno 200 persone sono state torturate a morte durante tali interrogatori. Wanda ne è uscita vittoriosa. Non ha detto una parola in più di quanto avrebbe voluto, e non tradì nessuno.

Sfortunatamente, il calvario della giovane scout di Lublino non finisce. Viene portata nella prigione del castello di Lublino. "Quando ho sentito la porta sbattere", ricorda in "E ho paura dei sogni", mi sono reso conto di aver perso la mia libertà. Ora lo sapevo: non c'è via d'uscita da questo posto. E soltanto allora ho sentito un corpo dolorante”… Wanda, tuttavia, mantenne il giuramento che fece nel settembre 1939. È rimasta irremovibile, non ha tradito a nessuno. Come "premio" ha ricevuto la condanna alla pena di morte.

Ben presto scopre però una "uscita" dalla prigione del castello, ma ancora più crudele: il 22 settembre 1941 fu trasportata al campo di concentramento di Ravensbrück, dove subì operazioni pseudo-mediche da parte di medici tedeschi nel primo gruppo dei cosiddetti "Conigli-cavie". Alle donne erano state operate le gambe. Pezzi di vetro, metallo e terra venivano inserite nelle loro ferite. Solo ad alcune di loro sono stati somministrati farmaci.

Nel campo Wanda non fu più una persona con un nome e cognome: divenne la prigioniera numero 7709. Durante la seconda guerra mondiale in questo campo vennero imprigionate 130 mila donne: le polacche furono 40 mila, ne sopravvissero 8 mila, tra i quali 63 delle “cavie”, inclusa Wanda Wojtasik.

« Durante la mia prigionia al campo di Ravensbrück – racconta Wanda - vedevo i nazisti buttare i neonati nei forni crematori: per tutta la vita avevo davanti agli occhi queste immagini strazianti. Per questo motivo mi sono promessa, se fossi sopravvissuta, di studiare medicina e di difendere la vita». E così fu… Sopravvissuta al lager, poté far ritorno in Polonia, dove divenne medico di successo e amica di Karol Wojtyła, dagli anni della giovinezza e per tutta la durata del pontificato, fino all’ultimo minuto della sua vita.

Nel 1962 ha dovuto lottare con un cancro al colon, dal quale si è miracolosamente salvata grazie all’intercessione di Padre Pio, richiesta con una breve lettera a lui indirizzata da Mons. Karol Wojtyła, il futuro San Giovanni Paolo II.

Oggi, la dottoressa Wanda Półtawska ha 99 anni ed è l'unica “cavia” vivente di Ravensbrück. Un anno fa, il 18 febbraio 2020, nel 79 ° anniversario del suo arresto, ha nuovamente visitato il luogo del suo martirio, l’arresto della Gestapo "Pod Zegarem". “Questo è un luogo santo-confessò. Qui erano detenuti i veri eroi che amavano altre persone e Dio. Molti di loro non sono mai usciti da qui”.

Nel 2016, in occasione della Festa Nazionale della Polonia del 3 maggio, Wanda Półtawska ha ricevuto la più alta l’Onorificenza polacca, l'Ordine dell'Aquila Bianca, conferitale dal Presidente della Repubblica di Polonia, Andrzej Duda: “perché è sopravvissuta alle sofferenze in un campo di concentramento e poi ha dato testimonianza di fede, valori, famiglia, vita umana, specialmente bambini non nati”.

Fedele alle sue promesse fatte nel lager in difesa della vita, nel numero speciale dell’Osservatore Romano del 18 maggio 2020, per il Centenario della nascita di Karol Wojtyła, nel suo articolo Wanda Połtawska ha scritto: “Se si vuole ora davvero onorare il centenario della sua (di Giovanni Paolo II, ndr) nascita e la sua memoria, io vedo solo un modo: convertire le persone affinché capiscano che ogni bambino e ogni persona hanno il diritto alla vita. L’unico Signore della vita è il Creatore che ama il suo creato. Sono sicura che una legge internazionale che vieti di uccidere i bambini non nati potrebbe essere un ‘regalo’ dell’umanità per questo grande uomo”.

P. Tomasz Lubaś SSP

FONTE: ACI STAMPA

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