Fra i numerosi e
interessanti aspetti della vita e della persona del beato Giovanni Paolo II,
c’e anche la sua passione per lo sport. Di lui conserviamo sequenze di
immagini indimenticabili e ricordiamo parole singolari, da vero e indiscusso
protagonista, sia come “uomo sportivo” e sia come “Papa degli sportivi”. Nella
sua persona, da una parte emerge un’identità umana che è quasi plasmata da una
costante attività sportiva e sulla quale si imprimono e si esprimono gli
effetti positivi dello sport; dall’altra la riflessione da Pontefice sullo
sport dà forma a un pensiero che, pur innestandosi sulla tradizione
magisteriale precedente, produce una novità inimitabile, e cioè quasi una sorta
di rilettura riflessa della propria esperienza personale, costituendosi in
“forma sintetica” tra l’agire e il pensare “sportivo”. Questo duplice punto di
vista va tenuto in considerazione per valutare correttamente il rapporto di
Giovanni Paolo II con lo sport e gli oltre centoventi discorsi rivolti al mondo
sportivo.
Siffatta “forma
sintetica” è raggiungibile plasticamente nella celebrazione conclusiva
dell’ultimo Giubileo degli Sportivi (29 ottobre 2000). Ad un certo punto
dell’evento il Pontefice traguarda divertito lo Stadio Olimpico di Roma
traboccante di popolo in festa, con dei bambini accovacciati ai suoi piedi. Il
punto di vista abbraccia l’intero stadio e raccoglie con occhio prospettico la
gara dei disabili, la corsa dei centometristi juniores e la partita di calcio,
in una rappresentazione non casuale di diverse discipline sportive.
Quell’immagine rivela in sintesi non solo un evento storico, simbolicamente in
scena nel tempio più prestigioso dello sport italiano, ma illustra e descrive,
con abbondanza evocativa, il clima, lo stile, il messaggio per lo sport da
parte del venerato Pontefice. Lui infatti sta “dentro” lo sport, sta bene nel
gesto sportivo e ne parla a partire dal suo “esserci”.
Si racconta a buon
diritto dello “sportivismo” di Giovanni Paolo II coltivato fin dai tempi della
giovinezza, additandolo come un modello eccellente e convincente. Soffermandosi
soltanto su questa informazione non si fa tuttavia giustizia di un valore più
alto e meno occasionale. Perché l’“esemplarità sportiva” del Pontefice si
esplicita soprattutto nel suo “essere-per gli altri”, nella sua dedizione senza
limiti verso l’umanità intera, in quello “stare” costantemente riversato sul
bene dell’uomo, con una luminosa e appassionata intelligenza della realtà che
non conosce discriminazioni, con una generosità nel donarsi senza riserve da
sembrare stupefacente anche all’osservatore più disincantato.
Ma, ancora di più: Il
Papa osservava con efficacia che: “Lo sport è andato sempre più sviluppandosi
come uno dei fenomeni significativi della modernità, quasi un ‘segno dei
tempi’, capace di interpretare nuove esigenze e nuove attese dell’umanità”
(omelia del Giubileo degli Sportivi, 29 ottobre 2000).
Assegnando allo sport
la categoria conciliare dei “segni dei tempi”, gli si fa credito di un valore e
di una convenienza molto pregnanti rispetto alla promozione dell’uomo, alla
valenza “teologica” nel disegno della creazione-redenzione, e agli evidenti
riflessi negli ambiti di una spiritualità incarnata.
Tutti noi – anche gli
sportivi – siamo in qualche modo debitori delle tante grazie e benedizioni che
abbiamo ricevuto dalla vita santa di Giovanni Paolo II. Mentre ringraziamo il
Signore per il dono di questo beato alla sua Chiesa, chiediamo la sua
intercessione per poter interpretare rettamente, ancora oggi, questo “segno dei
tempi”.
Liberamente tratto dalla riflessione di mons.
Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza, sul magistero di Giovanni Paolo II e lo sport:
“Der
Sport in der Lehre von Johannes Paul II”, pubblicata in: Sport
und Christentum, Grünwald 2008
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