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I miracoli di sant’Antonio da Padova

Papa Pio XI amava esclamare: «Il mondo è pieno dei miracoli che si ottengono per intercessione di sant’Antonio». Innumerevoli, infatti, sono i miracoli e i prodigi che sono attribuiti alla sua intercessione presso Dio. I miracoli sono segni della divina onnipotenza e della potenza salvifica del Figlio di Dio, sono anche la rivelazione dell’amore di Dio verso l’uomo, particolarmente verso l’uomo che soffre, che ha bisogno, che implora guarigione, perdono e pietà. I miracoli sono un dono gratuito di Dio, solo lui li può compiere, sono segni dell’irruzione dell’amore misericordioso nella vita degli uomini, destinati a glorificare Dio, a suscitare e rafforzare la nostra fede in lui.



Ecco una breve rassegna dei miracoli operati per intercessione di sant’Antonio a partire da due narrati nei “Fioretti di san Francesco”.

La predica ai pesci
Il primo è il celebre episodio che ha ispirato tanti artisti: la predica ai pesci. Sarebbe avvenuta a Rimini, che era allora in mano a gruppi di eretici. All’arrivo del Santo nella città, tentarono di dissuadere i fedeli che erano accorsi per ascoltarlo. Antonio allora si portò sulla riva del fiume che scorreva a breve distanza e parlò agli eretici in modo tale che la folla presente udisse: «Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità». Incominciò, quindi, a predicare ai pesci sulla grandezza e sulla magnificenza di Dio. Mano a mano che Antonio parlava, sempre più pesci accorrevano verso la riva per ascoltarlo, elevando sopra la superficie dell’acqua la parte superiore del loro corpo e guardando attentamente, aprendo la bocca e chinando il capo in segno di riverenza. Gli abitanti del villaggio accorsero per vedere il prodigio, e con essi anche gli eretici che si inginocchiarono ascoltando le parole di Antonio. Una volta ottenuta la conversione degli eretici il Santo benedisse i pesci e li lasciò andare.

La mula affamata
Ancora più famoso è il miracolo della mula, scolpito da Donatello in un bassorilievo di bronzo, che ebbe luogo sempre a Rimini. Qui c’era un eretico, Bonvillo, molto agguerrito che negava la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Arrivò a sfidare il Santo chiedendogli di dimostrarla con un miracolo. Bonvillo disse ad Antonio che avrebbe tenuto la sua mula chiusa per alcuni giorni nella stalla, senza darle da mangiare; poi l’avrebbe portata in piazza di fronte alla gente, mettendole davanti della biada. Antonio, invece, avrebbe dovuto mettere l’Ostia di fronte alla mula: se l’animale avesse ignorato il cibo e si fosse inginocchiato davanti alla Particola, egli si sarebbe convertito.
Il Santo accettò la sfida; dopo tre giorni di digiuno assoluto la mula venne portata in piazza e da un lato arrivò l’eretico con la biada, dall’altro Antonio con un lucente ostensorio. Mossa da curiosità era accorsa una numerosa folla che poté assistere al prodigio: la bestia, trascurando il cesto di biada, si volse verso l’Eucaristia e s’inginocchiò dinanzi ad essa in segno di adorazione. Vedendo l’accaduto, tutti i presenti compresi gli eretici e Bonvillo si inginocchiarono adoranti.

Il cuore dell’avaro
Mentre frate Antonio predicava a Firenze, morì un uomo molto ricco che non aveva voluto ascoltare le esortazioni del Santo. I parenti del defunto vollero che i funerali fossero splendidi e invitarono frate Antonio a tenere l’elogio funebre. Grande fu la loro indignazione quando udirono il santo frate commentare le parole del Vangelo: «Dove è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore» (Mt 6,21), dicendo che il morto era stato un avaro e un usuraio.
Per rispondere all’ira dei parenti e amici il Santo disse: «Andate a vedere nel suo scrigno e vi troverete il cuore». Essi andarono e, con grande stupore, lo trovarono palpitante in mezzo al denaro e ai gioielli.
Chiamarono pure un chirurgo perché aprisse il petto al cadavere. Questi venne, fece l’operazione e lo trovò senza cuore. Dinanzi a tale prodigio parecchi avari e usurai si convertirono e cercarono di riparare al male compiuto.
Il messaggio era chiaro: non cercare le ricchezze che rendono l’uomo schiavo e lo mettono in pericolo di dannarsi, ma la virtù, la sola accetta a Dio. Per tale motivo, la cittadinanza lodò con entusiasmo Dio e il suo Santo.

Il cibo avvelenato
II grande numero di ascoltatori che accorrevano alle prediche di frate Antonio e le conversioni che egli otteneva riempivano sempre più di odio gli eretici di Rimini, che pensarono di farlo morire avvelenato. Un giorno finsero di voler discutere con lui su alcuni punti del catechismo e lo invitarono a un pranzo. Il nostro fraticello, che non voleva perdere l’occasione per fare del bene, accettò l’invito. Nel corso del pranzo gli fecero mettere dinanzi una pietanza avvelenata. Frate Antonio, ispirato da Dio, se ne accorse e li rimproverò dicendo: «Perché avete fatto questo?». «Per vedere – risposero – se sono vere le parole che Gesù disse agli Apostoli: “Berrete il veleno e non vi farà male”».
Frate Antonio si raccolse in preghiera, tracciò un segno di croce sul cibo e poi mangiò serenamente, senza riportarne danno alcuno. Confusi e pentiti della loro cattiva azione, gli eretici domandarono perdono, promettendo di convertirsi.

I miracoli sono segni straordinari dell’amore misericordioso che il Signore opera per riportare i cuori alla fede, non c’è tesoro più grande, infatti, della fede, come sant’Antonio sapeva e insegnava. Ad un amore tanto grande non manchi la risposta generosa della nostra gratitudine.

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