Una serata tra devozione, informazione, sfide comunicative, ruolo della testimonianza di Eugenio SCAGLIUSI
A fine giugno ricevo una telefonata. La locale associazione Giovanni Paolo II mi chiede la disponibilità per condurre una serata per sabato 2 agosto. Mi viene precisato che l’occasione è il libro della giornalista Elisabetta Lo Iacono, docente alla Pontifica Facoltà Teologica Seraphicum di Roma, autrice anche del libro "Se mi sbaglio mi corrigerete. La rivoluzione comunicativa di Giovanni Paolo II". Si partirebbe dal libro, ma con possibilità di allargare la conversazione ad altri temi, profittando della preparazione e competenza dell’ospite. Accetto, mi procuro il libro, comincio a leggerlo.
Leggendo, studiando, pensando, vengono fuori molte idee e riflessioni che potrebbero rendere ricca ed interessante la serata, ma anche il dopo. Credo soprattutto al dopo: queste serate hanno un senso se riescono a fornire occasione di riflessioni personali successive.
Gli appunti crescono e si arricchiscono ancora attraverso i colloqui preparatori con i due ospiti, la Lo Iacono ed il sacerdote Giancarlo Carbonara. Gli organizzatori mi riferiscono di aver raccolto qualche critica quando è stata ufficializzata la mia presenza a condurre la conversazione. Sarei di parte. Di quale parte? Boh, a volte me lo chiedo anch’io. Assicuro gli organizzatori. Meglio lasciar perdere ed evitare ogni polemica. Tranquilli, la serata risulterà interessante e saranno tutti felici e contenti. Anche i critici.Arriva la serata. Nei giorni precedenti avevo finanche cronometrato, a simulazione, il tempo necessario per introdurre i motivi di conversazione. La serata dovrà durare massimo un’ora e mezza, compreso gli interventi musicali della Schola Cantorum "Un cor solo" diretta da Viviana La Ghezza. Tutto fila per il verso giusto. Tutto come preventivato. Grazie soprattutto alla efficacia delle risposte degli ospiti, che riescono a sintetizzare riflessioni che meriterebbero ben altri tempi. Perché non è per niente facile, per nessuno, parlare di devozione popolare anche facendo riferimento ai rischi che la forma prevalga rispetto alla sostanza, all’essenza. Più in generale, non è facile produrre una corretta informazione, tanto più se si tratti di informazione religiosa, in un mondo mediatico che sembra smarrirsi dietro immagini e notizie ad effetto, lasciando in secondo piano contenuti e significati del messaggio. Un mondo che troppo spesso enfatizza le esteriorità dei gesti, trascurandone i veri profondi significati; così rischiando che, nell’attuale mondo dell’usa e getta, si consumino rapidamente messaggi importanti prima ancora che essi vengano colti nella loro interezza. Né, poi, è facile tradurre, affinché sia comprensibile ai più, come il richiamo dei pontefici e le loro metafore dell’aprire le porte, dell’uscire, dell’andare verso le periferie, abbia valore non solo per i credenti ma costituisca un’etica di vita ben più ampia, anche per i non credenti. Vale lo stesso per il fenomeno del comune affidamento ai santi, sì modelli di vita per i credenti, ma che ingenerano un sentimento di benevola stima anche dai non credenti, spesso incuriositi proprio degli aspetti più umani della persona.
Se già parlare di questi temi richiede impegno e preparazione, le difficoltà aumentano passando al tema del dialogo interreligioso, spesso banalizzato, come al significato ed alle motivazioni dei nuovi e frequenti attacchi ai cristiani in diverse parti del mondo, oppure all’atavica incapacità, nonostante i buoni auspici del recente incontro tra Peres ed Abbas favorito da Papa Francesco, di una soluzione del conflitto israelo-palestinese.
La conclusione della serata, in realtà, ne ha costituito la premessa ed, al tempo stesso, la vera sfida da cogliere: parlare di ciò in cui si crede in modo nuovo, introducendolo nelle conversazioni in maniera moderna ed accattivante. Lo si può fare senza sminuirne l'essenza né parlarne troppo, ma parlandone con la vita, attraverso la testimonianza. Perché la vita è il paragone delle parole, il ring della congruenza tra pensiero ed azione. Una conclusione laica che mi è piaciuto derivare ed affidare, dopo aver ascoltato anche a proposito il pensiero dei preparatissimi ospiti, non tanto attualizzando il noto e altamente significativo verbum caro factum est, né con la recente frase di Francesco, “Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita”, quanto dalla descrizione che Alessandro Manzoni, al capitolo XXII della sua opera maggiore, fa del cardinale Borromeo, che nella fantasia dell’Autore personificava proprio il valore della congruenza tra pensiero e azione.
È stata una bella serata. Grazie a tutti. Per quello che mi riguarda, il mio grazie è soprattutto rivolto a chi mi ha consentito di leggere, studiare, pensare: agli organizzatori, a Elisabetta Lo Iacono e a don Giancarlo.
per le foto della serata clicca qui
Commenti
Posta un commento