l tema che ci accingiamo ad affrontare è un tema attuale ed estremamente complesso che ci pone di fronte, sia come genitori, sia come educatori, sia come soggetti facenti parte di un più ampio concetto quale la società, a problematiche sempre più incalzanti,a volte dolorose tanto da sconvolgere intere famiglie o addirittura intere comunità. Le problematiche, le cause, gli effetti sono molteplici. A me oggi spetta il compito di introdurre il dibattito che vede impegnati assieme a me personaggi autorevoli ed estremamente esperti nel campo, perché quotidianamente impegnati ad affrontare gli effetti che tali problemi inevitabilmente producono. Il tema che affronteremo, e su cui il dibattito avrà luogo è “ EDUCANDO ALLA LEGALITA’ – FORUM SUL DISAGIO GIOVANILE.
Quindi approfondendo dovremmo innanzitutto porci una serie di interrogativi : 1) cosa si deve intendere e cosa comprende il termine EDUCARE ?; 2) Come si forma il concetto di legalità e cosa si intende per legalità? 3) Che rappresentazione hanno i giovani delle norme e delle regole? 4)Come si relazionano ad esse? 4) Cosa accade quando le regole vengono violate? 5) Quali gli interventi per arginare il diffuso problema della violazione delle norme da parte degli adolescenti e dei giovani in generale?.“ EDUCARE ALLA LEGALITA’” significa in primo luogo elaborare e diffondere un’autentica cultura di “valori civili”. Cosa dobbiamo quindi intendere per educare: genericamente e letteralmente il verbo “educare”, dal termine originario latino “E-DUCERE”, cioè trarre fuori, allevare, condurre,sin dai tempi lontani riferito quindi ai bambini, all’infanzia. Però questo termine aveva sin dall’antica Roma un significato molto più ampio, cioè “far crescere in senso etico e morale”. E come allora, ancora oggi per educazione si indica un processo di formazione dell’individuo in cui vengono passati da una generazione più adulta, più anziana, ad una più giovane, non solo saperi tecnici, ma più in generale regole di comportamento e principi morali che mirano a far crescere i giovani costituendo il presupposto per il loro inserimento nella società. Per educazione si intende dunque, non solo la crescita intellettuale di un individuo, ma anche e soprattutto la sua capacità di adeguarsi a determinate regoli e modelli socialmente sanzionati.Qui il primo problema: viviamo in periodo di rapidi cambiamenti e di crescenti contraddizioni sociali. Non solo, da qualche anno a questa parte, assistiamo sempre più e, haimè, in maniera inesorabile al venir meno del sistema di valori e, con esso, principalmente del sistema etico-morale. Le notizie, i dati, le informazioni riportate dagli organi di informazione mediatici parlano spesso di cattivi esempi che spesso inducono a cattive imitazioni. C’è principalmente una profonda crisi di ideali, di personaggi virtuosi a cui ispirarsi, da cui trarre esempio. Spesso l’orizzonte culturale che si apre dinnanzi a noi enfatizza il culto dell’immagine, dei soldi, del risultato a basso costo, possibilmente senza merito o sacrificio. Seguire tali modelli inevitabilmente genera una fragilità sociale, una predisposizione ad essere manipolati, nonché una passiva e inerte attesa del miracolo, del Santo protettore, del giustiziere che vendicherà i torti,concedendo a tutti una libertà senza regole, senza valori, senza steccati da superare o rispettare, una realtà fatta di piccole e grandi furberie, di enormi egoismi e di facili scorciatoie. Da qui nasce la necessità impellente di reinstaurare, riaffermare imprimere la “cultura della legalità”. Concetto vastissimo, in cui il termine legalità esula dal significato puramente giuridico e letterario del termine, pur senza dubbio ricomprendendolo. Con il termine legalitàinfatti deve intendersi qualcosa di più della semplice osservanza delle leggi, delle regole; in esso deve ricomprendersi tutto un sistema di principi morali, di idee, di comportamenti tesi alla realizzazione di molteplici valori quali la dignità dell’uomo, il rispetto del prossimo, dei diritti umani, il principio di libertà, di uguaglianza, tolleranza, democrazia, verità, giustizia nel più ampio senso del termine, comportamenti tutti imprescindibili per realizzare una convivenza civile . Siamo tutti chiamati a svolgere questo difficile compito, come soggetti appartenenti alla società, noi adulti e, dietro il nostro costante insegnamento, anche i ragazzi, sempre tenendo bene a mente ed insegnando che la “SOCIETA’ “ in cui tutti noi coesistiamo non è un entità astratta, ma costituisce tutto l’insieme di noi individui e si esplica, nel bene e nel male, secondo l’agire di tutti noi, ognuno però nella sua individualità, cioè porta in sé la responsabilità dell’azione di ogni singolo individuo, di ogni singolo atto di volontà.Premesso tutto questo, che idea hanno i giovani della “legalità”, quali le origini e le cause del cosìdetto disagio giovanile. La problematica è certamente assai vasta. In ogni modo, generalizzando e non entrando in quelle vere e proprie patologie di devianza e delinquenza e di come tali patologie vengono affrontate, represse e punite, poiché sicuramente di ciò parleranno gli autorevoli relatori qui presenti, possiamo, generalizzando, e toccando quei fenomeni, certamente meno gravi, ma assai più diffusi, come il senso di estraneità, di apatia di fronte alle leggi, alle regole sociali ed alle istituzioni, possiamo sicuramente affermare che ormai, tra i giovani il non senso è diventato ormai quotidianità, spesso assistiamo ad una rivendica da parte dei giovani di un diritto acquisito di vivere alla grande, secondo solo e soltanto i loro schemi, i loro bisogni, in sintonia con le proprie regole e il non voler accettare le “regole imposte”.Quindi, educare i giovani a vivere nella legalità e nel rispetto delle leggi, delle istituzioni significa in primo luogo offrire loro un’opportunità per conoscersi, per accettare se stessi così come sono, insegnargli ad avere stima di se stessi, imprimere loro il senso di responsabilità e rispetto prima di tutto verso il prossimo,insegnargli ad affrontare e risolvere al meglio e nel rispetto ditutti i loro problemi. Quanto più il soggetto diventa consapevole di se e dell’altro, dei valori e dei modelli positivi, tanto più diventa “attivo” e capace di autodeterminarsi. Imparerà che si può scegliere tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto. Imparerà che autodeterminarsi, individuare e risolvere i propri problemi,affrontare la realtà, rende meno astratto il percorso di vita, riducendo i rischi legati allo scarso collegamento con la realtà.Imprimere quindi il senso di legalità tra i giovani spetta a noi adulti, noi genitori, spetta a noi educare i giovani, far si che i valori a cui gli stessi si ispireranno siano valori improntati sulla legalità, il rispetto, il senso della responsabilità e del dovere. Occorre, quindi costruire con l’impegno, con la fatica, con la pazienza della speranza, tenendo sempre presente che i veri valorisono sempre quelli reciproci. Con l’auspicio che prima ancora dei nostri ragazzi, noi adulti riusciremo a considerare e migliorare i nostri comportamenti, cominciando a curare quei dettagli che servono a farci imparare e riconoscere i nostri errori, prima ancora che quelli dei nostri figli.Come avvocato anche penalista, posso testimoniare, con la mia esperienza, di aver trattato parecchi casi di minori, ritrovatisi, in giovanissima età, ad essere imputati in processi penali dinnanzi il Tribunale dei minorenni. Assai sconcertante è stato, infatti, l’impatto in studio con questi adolescenti. Decisamente devo affermare che in tutti i casi, gli stessi assolutamente non si rendevano conto della gravità dei lorogesti, né delle conseguenze che in futuro avrebbe comportato. Erano arroganti e insolenti, anche nei miei confronti, mantenendo sempre un atteggiamento abulico o addirittura menefreghista, quasi a dire, a me non interessa, sono le vostre regole, io ho le mie. Siamo abbastanza fortunati, in questo paese, Polignano, a vivere una realtà sociale, tutto sommato, non estremamente critica, per nostra fortuna, non c’è delinquenza radicata e pochissimi o rarissimi sono i fenomeni di seria emarginazione. Quindi tali ragazzi per lo più vivevano un disagio familiare, cioè provenivano da famiglie con genitori separati o problematiche simili, ma niente di patologico. Altri invece addirittura provenivano da famiglie senza alcun problema, le cosiddette “ famiglie per bene”. Quindi, solo il delinquere fine a se stesso, la bravata, l’atto di bullismo, il delinquere per divertimento, per pura ignoranza delle leggi e delle conseguenze, tutto poi sfociato in veri e propri reati penali. Posso anche confermare che, nella maggior parte di questi casi, quasi tutti i ragazzi, crescendo, si sono col tempo riabilitati, alcuni hanno famiglie, altri lavorano, sono comunque tutti inseriti nella realtà sociale, hanno tutti assunto un comportamento irreprensibile. Tutto questo, posso sicuramente aggiungere, grazie all’instancabile guida e aiuto dei genitori e delle famiglie, per altri, laddove le famiglie purtroppo erano assenti,grazie all’instancabile lavoro degli operatori di strutture istituzionali come gli assistenti sociali e centri A.s.l., intervenuti anche in seguito all’instaurazione del processo penale davanti al Tribunale dei minorenni, ma in molti casi grazie anche all’aiuto di tutti quei cittadini che con encomiabile spirito e senso sociale si sono prodigati in strutture come le associazioni parrocchiali e associazioni laiche come appunto L’Associazione Giovanni Paolo II°, grazie alla cui iniziativa, oggi, stiamo parlando di questo, i quali coinvolgendo in tali e mille altre iniziative coinvolgono tanti giovani ragazzi, togliendo gli stessi dalla strada e sottraendoli all’influenze delle condotte negative del “branco”, infondendo loro fiducia e speranza, sostituendo così al vuoto, al nulla, al non senso esempi e condotte di vita positive a cui i giovani ispirarsi e inserendo attivamente i ragazzi nella società, hanno aiutato, aiutano e continuano ad aiutare tanti di loro a percorrere insieme, nel rispetto degli altri, dei valori, delle istituzioni e delle leggi, con grande spirito di sacrificio, la strada della vita in questa moderna e difficile società.
È stato presentato il logo del Giubileo 2025, scelto tra quasi trecento proposte. Un simbolo di speranza e fraternità che ci guiderà nel pellegrinaggio di fede dell’Anno Santo. Mentre fervono i preparativi per l’ Anno Santo 2025 , del quale è stato reso pubblico il ricchissimo calendario ed è stato eseguito per la prima volta l’inno, inizia a diffondersi anche il logo del Giubileo. Si tratta di un’immagine ricca di simbolismo, che rappresenta i temi centrali dell’Anno Santo: la speranza, la misericordia e la fraternità. Il logo è stato presentato il 28 giugno scorso nel corso della conferenza stampa che si è tenuta nella Sala Regia del Palazzo Apostolico a Città del Vaticano, alla presenza di monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, ed è stato accolto con favore da vescovi, sacerdoti e laici. In effetti si tratta di un’immagine semplice e universale, che può essere compresa da persone di tutte le culture e religioni, e racchiude un invito a tu...
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