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San Valentino: Le catechesi sull’amore di Giovanni Paolo II

Centoventinove discorsi su questo tema



Una sorta di rivoluzione, all’epoca. Non deve gettar scandalo il termine “rivoluzione” se parliamo del percorso-progetto che Giovanni Paolo II realizzò dal 5 novembre del 1979 al 28 novembre del 1984. E’ il ciclo delle sue note “Catechesi sull’amore umano”: ben 129 discorsi su questo tema, pronunciati nelle udienze del mercoledì, visione profetica di una Chiesa che guardava all’Uomo per rivelare Gesù all’Uomo. E l’Umano all’Uomo stesso.

Un pontefice che - proprio come un “semplice” parroco - aiuta a riflettere sul Sacramento del Matrimonio, realizzazione umana e divina del progetto di Dio sulle coppie di fidanzati. Fu proprio in quelle catechesi che venne “coniato” un termine che - in una certa misura - fece scalpore: “la teologia del corpo”. Wojtyla inquadrerà il tema del corpo in un contesto teologico, analizzandolo a partire dalla Rivelazione.

I primi capitoli della Genesi - in cui Dio crea l’uomo “a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1, 26) - rappresentano l’incipit delle catechesi. Antropologia e teologia sembrano camminare sullo stesso binario, intrecciandosi a volte. E’ lo studioso dell’Umano che si evidenzia in queste catechesi: un Wojtyla profondamente addentro alle questioni della coppia. L’avvicinamento del tema del corpo all’antropologia risulta evidente in una espressione che appare nelle prime catechesi dove il pontefice polacco denominerà questa teologia “la teologia dell’uomo-corpo”, appunto.

Queste catechesi avevano, inoltre, come scopo finale preparare il sinodo dei Vescovi sul matrimonio e la famiglia che doveva celebrarsi nell’ottobre del 1980. Giovanni Paolo II volle mettere perciò in evidenza ciò che egli chiamava le “profonde radici” del matrimonio e della famiglia. In queste mirabili catechesi, vi è un intrinseco legame tra antropologia e etica che mette in luce alcuni aspetti di teologia morale, offrendo una lettura a più ampio respiro: per esempio, le magnifiche riflessioni offerte nelle catechesi che trattano del corpo umano come oggetto dell’opera d’arte, sono una testimonianza evidente di un discorso teologico-antopologico che non vuole essere Giovanni Paolo II afferma che l’uomo e la donna sono stati chiamati sin dall’origine ad una “communio personarum”.

Questo legame sponsale non si realizza in una qualsiasi forma di relazione tra l’uomo e la donna. E’ necessario che essi liberamente si uniscano in un legame sponsale, che li riporti a quel disegno originale per il quale, nell’amore, nello stupore e nella gioia di avere qualcuno che gli sia pari (Gn 2,23), essi si donino e si accolgano reciprocamente per sempre. Questa caratteristica originaria dell’uomo e della donna, di essere “dono” l’uno per l’altro, rappresenta la più alta manifestazione dell’amore divino.

Una tale forma di relazione si realizza nel sacramento del matrimonio, costituito - come aveva sottolineato nella sua Esortazione Apostolica “Familiaris consortio” del 1981 - dal “patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità di vita e d’amore, voluta da Dio stesso”. Una comunità che ha sapore di eternità.

Antonio TARALLO - ANSA

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